Le famiglie dei 38 ospiti del centro diurno della Fondazione Paolo VI chiedono che i servizi rimangano gratuiti
di Francesco Bellante
04 febbraio 2018
PENNE. Da piazza Duomo a piazza Luca da Penne in difesa dei 38 disabili che dal primo febbraio non ricevono più il servizio di semiresidenzialità nella struttura della Fondazione Paolo VI di Penne.
Ieri alle 15 si sono ritrovate un centinaio di persone per rispondere all’appello lanciato dall’associazione “Abbattiamo le barriere onlus” e dalle famiglie dei ragazzi meno fortunati. Cambiando il setting sanitario regionale, non è più previsto e garantito il servizio di semiresidenzialità a 38 ragazzi, più o meno adulti, che da sempre frequentano il centro diurno della Paolo VI.
La Regione Abruzzo si sta adoperando nella più rapida emanazione di un provvedimento ad hoc che autorizzi il servizio sociale per i ragazzi, ma tutto questo non basta perché il problema è anche di natura economica.
Il centro diurno costa 25 euro al giorno più 150 euro di trasporto mensile (per i residenti di Penne). Molte delle famiglie dei ragazzi disabili che frequentano il centro diurno della fondazione non possono permettersi di contribuire in maniera sostanziale a coprire le spese.
«Per molte famiglie la compartecipazione è impossibile. Parliamo di una cifra di circa 6/700 euro al mese, davvero troppo. Chiediamo che la Regione o chi per loro ci dia una mano e trovi i fondi per far tornare il servizio completamente gratuito», ha sottolineato Alessia Cacciatore, rappresentante delle famiglie dei disabili. Al corteo di protesta è intervenuta anche una delegazione dell’amministrazione comunale pennese: il sindaco Mario Semproni, l’assessore al bilancio Gilberto Petrucci e l’assessore al sociale Lorenza Di Vincenzo. «Ci stiamo occupando a livello d’ambito di trovare la soluzione migliore e nel trovare strutture idonee», ha l’assessore Di Vincenzo.
Una volta raggiunta piazza Luca da Penne, il serpentone di protesta si è stretto simbolicamente in cerchio intorno ai propri ragazzi “speciali”. Alessandra Pasquariello, mamma di uno dei 38 ragazzi con disabilità che per godere del servizio di semiresidenzialità si è dovuto spostare a Pescara, ha esternato il suo disagio e la sua amarezza leggendo una lettera.
«Mi faccio portavoce di tutte le mamme, soprattutto di quelle dei più piccoli. Aspettiamo risposte dalla Regione, dai Comuni, dalla Fondazione e dalla Chiesa. Vogliamo capire perché queste istituzioni sono sempre assenti, quando invece dovrebbero essere pronte a proteggere i figli più deboli. Vorremmo capire perché i politici non hanno il coraggio di affrontarci e darci delle risposte concrete. C’è sempre tanto silenzio e tanta ingiustizia subita da questi ragazzi, già provati da un destino che li ha resi speciali», ha detto la signora Pasquariello.
Per i 38 ragazzi disabili che frequentano il centro diurno della Paolo VI rimanere a casa non vuol dire soltanto gravare per più ore al giorno sulla propria famiglia, ma soprattutto perdere la possibilità di sentirsi importanti, di praticare quelle attività stimolanti ricreative che da sempre hanno significato tanto per loro.
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